post

PRIMAVERA 2016 : CALENDARIO DELLE ESCURSIONI

VENITE, GENTE, A SPASSO IN VAL D’ORCIA!

Il calendario è stato realizzare per la comodità del visitatore che così non deve pensare a dove andare e che fare ma solo se partecipare all’escursione proposta.

Se, però,  si  vogliono fare altri itinerari o visitare altri siti oppure  se interessati  ma  disponibili in altri giorni basta telefonarmi al numero 338-1379781.

Per aderire o chiedere informazioni chiamare al numero 338-1379781 (Sofia)

26 APRILE 2016

RISERVA NATURALE di LUCCIOLA BELLA

Passeggiata sul sentiero che sale sul crinale dei calanchi di Lucciola Bella, alla scoperta delle orchidee e dei piccoli arbusti aromatici delle crete, avvolti dal profumo delle ginestre che cominciano a sbocciare in questi giorni e godendo del panorama che ci circonda.

28 APRILE 2016

ANELLO  LA FOCE – PIETRAPORCIANA 

Percorso abbastanza semplice (3 ore di cammino in tutto), con pausa al rifugio PIETRAPORCIANA e visita alla piccola ma splendida faggeta, riserva integrale.

29 APRILE 2016

Tra PIENZA e MONTICCHIELLO

Discesa al torrente Tresa passando per la strada che attraversa i calanchi del “Latte di luna” e visita alla grotta del Beato percorrendo  il sentiero che risale il torrente.

2 MAGGIO 2016

LE GOLE DELL’ORCIA

Anello LA RIPA- fiume ORCIA- BAGNO VIGNONI- VIGNONI

Con questo itinerario ci gustiamo lo splendido panorama dal castello della Ripa d’Orcia , scendiamo fino al fiume e camminiamo lungo la sua sponda destra fino a Bagno Vignoni, visitiamo il parco dei mulini e la vasca di acqua termale che costituisce la piazza di questo borgo e poi ritorniamo verso il punto di partenza passando per Vignoni alto.

3 MAGGIO 2016

Dal torrente FORMONE fino al fosso BIANCO e a CAMPIGLIA D’ORCIA

Lungo e faticoso percorso ripagato alla grande dalle acque termali del fosso Bianco e dalle sue spettacolari concrezioni calcaree. Dopo la salita iniziale si può riposare sulle acque del fosso Bianco; poi si riparte ed il percorso è più agevole fino a Campiglia. La strada che ci riporta a valle, scorre in mezzo ai campi di grano e ci riposa con il suo  silenzio e i suoi colori.

 5 MAGGIO 2016

Alla RICERCA del TALLURINO sconosciuto

Camminata serale, lenta e silenziosa, sui ciottoli del torrente Formone fino alla confluenza con l’Orcia, in ascolto del canto dell’occhione (in dialetto “tallurino”), particolarissimo uccello dalle abitudini crepuscolari ; con un po’ di fortuna è possibile vederlo camminare sui sassi o volarci intorno  e si possono scorgere i nidi dei gruccioni, variopinti uccelli che scavano il nido nella creta. Ritorno al punto di partenza passando sul poggio che sovrasta il letto del torrente.

9 MAGGIO 2016

Da PIENZA a MONTICCHIELLO

Si scende da Pienza per la strada panoramica del “Latte di luna”, poi si risale fino a Monticchiello, caratteristico borgo medievale. Passeggiata per le viuzze poi ritorno verso Pienza.

10 MAGGIO 2016

BAGNO VIGNONI – ROCCA D’ORCIA- guado  LE MULINA – BAGNO VIGNONI

Dallo splendido borgo di Bagno Vignoni si sale fino Rocca d’Orcia, piccolo borgo cresciuto intorno a una fortificazione medievale; poi si riscende al fiume, lo si guada e si ritorna a Bagno Vignoni camminando lungo la sponda dell’Orcia.

NUOVE DATE, A BREVE, VERRANNO FISSATE PER ALTRE CAMMINATE.

 

 

post

IL TALLURINO, UN ABITATORE DELLA VAL D’ORCIA MOLTO PARTICOLARE

Il TALLURINO , nome dialettale che indica l’OCCHIONE (Burhinus oedicnemus, L.), è un uccello molto curioso, e non ne esiste un altro simile.
Il nome dialettale deriva dal latino tellus,telluris che significa terra e questo probabilmente perché è un uccello terricolo, che mai si posa sugli alberi ma sempre si muove, con le sue robuste e lunghe zampe, sul terreno o i sassi dei fiumi. Nidifica, caccia e dorme a terra. E frequenta pertanto ambienti cosiddetti “steppici” , ossia tendenzialmente aridi e caratterizzati da vegetazione bassa e rada, ambienti che gli permettono di camminare bene a terra e individuare facilmente le prede; ed è per questo che frequenta i torrenti come l’Orcia e il Formone, che hanno un letto sassoso, e i campi e i prati della val d’Orcia.

E’ sconosciuto ai più perché non ama assolutamente farsi notare; durante il giorno se ne sta nascosto, spesso appiattito al suolo, e se disturbato non sempre prende il volo, anzi più facilmente se ne cammina via, tutto ingobbito, in fretta e in maniera silenziosa. Se si alza in volo si posa a terra dopo poche decine di metri. Non che non sappia volare, visto che arriva dall’Africa a marzo e se ne riparte a fine ottobre, attraversando mare e deserto, ma questo è il suo carattere, schivo , elusivo, ed il suo modo di vivere, terricolo.

occhione2

 

Eppure una volta imparato a conoscere non si può confondere con nessun altro: testa grossa e arrotondata e grandi occhi gialli, robusto becco giallo alla base e nero in punta, zampe lunghe e robuste e soprattutto aspetto ingobbito (anche se tutto sta a vederlo, dato il piumaggio mimetico !); anche in volo si può riconoscere facilmente (ricorda un po’ un gabbiano): l’apertura alare è di circa 80 centimetri (anche se il nome dialettale fa pensare a un piccolo uccello non lo è affatto!) e le ali hanno una doppia barratura bianca bordata di nero.
L’Occhione viene definito dagli ornitologi “crepuscolare”, termine poetico con cui vengono chiamati gli uccelli che non sono proprio notturni come gufi o civette, ma svolgono le loro attività dopo il tramonto . Questo uccello possiede infatti due grossi occhi gialli (da cui il nome) che gli servono per vedere bene al buio. In realtà io li ho sentiti a volte anche a mezzogiorno chiamarsi fra di loro con quel potente “chiur-lìììì”, udibile anche a gran distanza, inconfondibile; il canto vero e proprio,invece, si sente pressoché solo la sera e la notte e consiste in una lunga serie di “tu-tllu-ì” emessi in maniera frenetica, che aumentano di velocità e poi rallentano sempre più fino a spegnersi.
In ogni caso non è facile vederlo, a meno non si cammini lungo l’Orcia od altri torrenti simili, oppure sui viottoli che costeggiano e attraversano i prati e i pascoli del territorio arido e argilloso della val d’Orcia; più facile è sentirlo e il suo verso è pieno di fascino, soprattutto all’imbrunire o nelle notti di luna piena. Il fascino delle cose vicine ma allo stesso tempo lontane, in gran parte sconosciute e incomprensibili , se pur a pochi passi dal nostro affaccendarsi.
Io ho avuto la fortuna di individuare un nido anni fa su un campo di trifoglio “mal riuscito”: due uova sull’argilla nuda spruzzata qua e là di trifoglio e di altre erbe spontanee. Così ho potuto vedere i genitori di quelle due uova (maschio e femmina sono indistinguibili) allontanarsi dal nido quando io mi avvicinavo: silenziosi, ingobbiti, con la testa infossata nelle spalle e i grandi occhi spauriti, si nascondevano dietro un cespuglio e aspettavano che passasse il pericolo per tornare alle uova.

 

Il nido di tallurino, ossia due uova deposte sull'argilla, da me rinvenuto nel giugno 1999
Il nido di tallurino, ossia due uova deposte sull’argilla, da me rinvenuto nel giugno 1999
Individuo che cova. La foto, da me scattata, non è tecnicamente ben fatta, ma dà un'idea della capacità di mimetismo.
Individuo che cova. La foto, da me scattata, non è tecnicamente ben fatta, ma dà un’idea della capacità di mimetismo della specie.

Oggi la presenza, qui come altrove, è molto rarefatta: un tempo (fino a più o meno gli anni ’40) in val d’Orcia si organizzava la caccia al Tallurino, che veniva fatta in gruppo, con gente a piedi e altra a cavallo e con l’aiuto dei bambini, che possedevano dei frustini utilizzati per spaventare gli animali e farli alzare in volo. Allora l’Orcia si spandeva disordinato su un letto molto più grande di adesso e i terreni attorno erano in gran parte sterili formazioni argillose a cupola (le cosiddette “biancane”, in val d’Orcia chiamati semplicemente “sodi” ossia terreni incolti e incoltivabili), con pochi ciuffi di graminacee qua e là, pascolate dalle pecore.

 

Questa fotografia, concessa dal Gruppo fotografico pientino, raffigura un gruppo di cacciatori di tallurini dopo la battuta di caccia, nel 1907
Questa fotografia, concessa dal Gruppo fotografico pientino, raffigura un gruppo di cacciatori di tallurini dopo la battuta di caccia, nel 1907

Adesso si può aver la fortuna (se la si ha) di imbattersi in 3 o al più 4 coppie , camminando per chilometri lungo l’Orcia e la specie è (giustamente) protetta.
Io ho conosciuto questo particolare uccello per la mia tesi di laurea che verteva proprio sul monitorare la sua presenza in val d’Orcia ed evidenziare le sue preferenze ambientali ed ho constatato che si muove molto, di notte, in cerca di cibo, e quindi è molto difficile stimare il numero delle presenze; anche nell’arco della stagione i rilievi (realizzati tramite l’emissione di versi e canti registrati e l’ascolto di eventuali risposte) evidenziavano gli individui prima soprattutto sul fiume e sui pascoli, poi anche sui campi, una volta che sono stati falciati o trebbiati .
Per chi come me del mondo alato ama molto la caratteristica di misteriosa inafferrabilità, quell’abitare parte della stessa aria che respiriamo ma essere il più delle volte invisibile; per chi ama l’innumerevole varietà di voci, canti e richiami di cui possiamo solo lontanamente interpretare il senso e il significato e ci lasciano sempre il dubbio che forse dicano molte più cose di quelle che noi crediamo. Per chi insomma vive l’avvicinarsi a questo mondo come qualcosa di magico, riuscire a sentire o a vedere uno di questi uccelli credo possa essere qualcosa di veramente emozionante. Per me lo è ancora, dopo tanti anni, soprattutto a primavera, quando risento il canto dopo un inverno di silenzio e mi dico “bene, anche quest’anno ce l’hanno fatta a riattraversare mare e deserto”.
E così è anche per altri abitatori alati: il piccolo assiolo che da aprile riempie la notte con i suoi “chiù” e il gruccione con i suoi sgargianti colori e i suoi nidi scavati nell’argilla, tutti uccelli che tornano in Italia a primavera, dopo aver svernato in Africa.

post

IL TORRENTE FORMONE , IL FOSSO BIANCO e CAMPIGLIA D’ORCIA

fossoBianco (3)

Le concrezioni di calcare con le cascatelle di acqua termale calda.

Lunga escursione piuttosto faticosa (circa 4 ore di cammino), ma non difficile (itinerario di tipo E). L’unica difficoltà si può trovare all’inizio, quando dopo aver costeggiato il TORRENTE FORMONE occorre attraversarlo, tramite un guado in cemento abbastanza agevole, e poi guadarlo di nuovo per poter risalire lungo il fosso Rondinaia fino a BAGNI SAN FILIPPO, un piccolo paese cresciuto intorno a un’antica sorgente termale.
Lì varie sorgenti si mescolano alle acque piovane e formano un piccolo torrente chiamato FOSSO BIANCO per il colore che assume l’acqua, ricca di carbonato di calcio.
Si arriva al torrente dopo un lungo cammino in salita, un po’ fra i campi e un po’ tramite un sentiero tra i boschi. Prima lo sentiamo con il naso (odore di zolfo), poi ci appare in mezzo al bosco ed ogni volta lascia stupiti: varie piccole cascatelle e vasche naturali di acqua talora bianca lattiginosa talora celestina e variegate concrezioni calcaree. Fra queste la più suggestiva è senz’altro l’enorme BALENA BIANCA, così chiamata per la somiglianza che ha con la bocca di una balena .
Tutta l’area si può visitare e vi si può fare il bagno senza pagare (ma senza danneggiare niente!). Accanto al fosso vi è in ogni caso uno stabilimento termale che utilizza le acque per bagni, fanghi, inalazioni e vari tipi di aerosol.

 Il luogo è l’ideale per riposarsi e godere della natura che ci circonda. Quando si riparte si affronta la strada che ci porterà fino a Campiglia d’Orcia. Dopo appena 1 chilometro ci fermiamo per scoprire la GROTTA DI SAN FILIPPO una grotta ricavata in un grande blocco di travertino, dove visse in eremitaggio nella seconda metà del 1200 San Filippo Benizi.

grottaSanFilippo (8)

L’ingresso della grotta di San Filippo

Si continua fino a CAMPIGLIA D’ORCIA, dove se le gambe ce lo consentono si può salire fino alla rocca di Campigliola, altrimenti riscendiamo verso il Formone percorrendo una strada che scende insinuandosi fra le onde di grano e i prati.

campiglia

Campiglia d’Orcia

 

post

LE GOLE DELL’ORCIA: L’ANELLO DI RIPA D’ORCIA e BAGNO VIGNONI

L’itinerario è piuttosto lungo e impegnativo, 12 km nella versione più breve e 18 in quella completa, dalle 4 alle 6 ore di cammino (categoria E).

Si parte da San Quirico d’Orcia, in direzione Ripa d’Orcia.
L’antico castello di Ripa d’Orcia fa da punto di riferimento durante tutta la prima parte dell’escursione, e se ne rimane arroccato, con le chiari e possenti mura che svettano sopra il verde scuro dei lecci. Raggiunto e aggirato il castello (residenza privata visitabile solo su prenotazione) si scende lungo il fosso delle streghe fino al fiume e , se possibile, lo guadiamo e lo risaliamo rimanendo nascosti dentro una bella lecceta, tappezzata a primavera di anemoni e ciclamini.

20150416_132947

Ciclamini nel sottobosco

In questo punto attraversare il fiume è un po’ difficoltoso, perché l’acqua è piuttosto profonda e i massi scivolosi; in genere, comunque, da aprile il guado è possibile, ma occorre portare dei sandali in gomma per non farsi male ai piedi con i ciottoli o scivolare.

20150416_124404

In alto il Castello della Ripa, visto dal letto del fiume Orcia

Attraversare l’Orcia a Le Mulina, invece, è più semplice, poiché vi è un guado in cemento. Qui, un tempo, vi era un vero ponte, di cui ancora rimangono i piloni, rovesciati sul letto del fiume. Accanto una passerella, non più utilizzabile.

20141209_141120

Resti dell’antico ponte sull’Orcia

Da qui si procede lungo la sponda destra del fiume fino a Bagno Vignoni.

 

Le vecchie cave di travertino di Bagno Vignoni

Le vecchie cave di travertino di Bagno Vignoni

Bagno Vignoni merita già da sé una giornata, pertanto se ci sentiamo molto affaticati possiamo soffermarci appena (ricordandosi di ritornare!)  e riprendere subito la strada del ritorno, che ci permetterà di vedere il piccolo borgo di Vignoni e poi rientrare a San Quirico.

In ogni caso Bagno Vignoni è un luogo che chi viene in val d’Orcia non può assolutamente perdere, con la sua splendida vasca al cui interno sgorga da più di mille anni una acqua termale ricca di proprietà benefiche.

BagnoVignoni

La vasca con acqua termale nel piccolo centro di Bagno Vignoni

post

FRA PIENZA E MONTICCHIELLO: IL LATTE DI LUNA E LA BUCA DEL BEATO

Itinerario piuttosto impegnativo (categoria E) soprattutto nella versione completa:
Si parte da Pienza e attraverso la strada che corre sul crinale della formazione cretosa detta “Latte di luna” si scende fino al torrente Tresa; poi si risale fino a Monticchiello e si visita al piccolo borgo medievale di gran fascino e personalità; dopo ciò si può ripartire verso Pienza oppure discendere fino al torrente e visitare le grotte dove visse per vent’anni un eremita, il beato Giovanni Benincasa; una croce di ferro con una targa ne ricorda la presenza e fu posta dalla comunità di Monticchiello nel 1926, a cinquecento anni dalla scomparsa del beato, all’interno della grotta superiore, quella più facilmente raggiungibile.
Infine si risale a Pienza, attraverso una diversa strada sterrata.

Latte di luna

Vista sul versante est della collina di Pienza

La difficoltà dell’escursione è dovuta sia alla lunghezza del percorso (con presenza di ripide salite e discese) sia al fatto che il tratto del torrente che andremo a visitare s’insinua in una gola e si raggiunge tramite un piccolo sentiero dentro il bosco fitto e sassoso. Ma la fatica è ripagata: a un certo punto si apre ai nostri occhi uno strapiombo roccioso e un bellissimo panorama;  sotto, inaspettate, due cascate; da lì , con una certa attenzione si può scendere fino a l’acqua, sotto la seconda cascata, la più piccola.

cascatetresa

Si può optare per l’itinerario più breve (3 ore circa di cammino), dove tramite una bella strada panoramica si attraversa le biancane del “Latte di luna”, così tradizionalmente chiamate per l’aspetto che assumono alla luce della luna, si scende fino al torrente e poi si risale fino a Monticchiello, dove si può sostare per mangiare e visitare il borgo. Poi si ritorna verso Pienza, percorrendo un’altra strada, inizialmente dentro un bosco di lecci abbarbicato nella roccia che sostiene il borgo e poi risalendo lungo la strada che affronta da un altro lato la base cretosa di Pienza.
Se si vuole invece visitare la parte più nascosta del torrente Tresa, si può “sparire” per un po’ dentro la sua lussureggiante vegetazione, saltando fra i massi e godendo delle sue fresche acque, per poi ritornare alla realtà e affrontare la risalita verso la città ideale di Pio II, Pienza.

Tresa

L’ingresso inferiore della Buca del Beato sotto cui scorre il torrente Tresa